Rassegna stampa: Avvenire del 26 giugno 2016
GUIDO NEGRI, “SANTO” DI GUERRA
di Giovanni Tassani
Avvenire, 26 giugno 2016 (p. 27)
Il 27 giugno 1916 moriva al fronte il giovane capitano mai canonizzato per evitare strumentalizzazioni
Il capitano Guido Negri, colpito a morte mentre risaliva con la sua compagnia le pendici del Monte Colombara, Altipiano di Asiago, il 27 giugno 1916, si vedrà quasi subito attribuire la qualifica di “capitano santo” per un episodio descritto dal foglio della Gioventù Cattolica: “Mentre si combatte”, poi diffuso ampiamente dalla stampa, non solo cattolica e non solo italiana. L’episodio, dell’agosto 1915, narra di un suo appuntamento mattutino col cappellano per ricevere la Comunione, ritardato fino alle 15, quando si era presentato trafelato spiegando di aver vegliato la notte coi suoi soldati e poi lavorato tutta la mattina a rafforzare trincee. “Spero -gli dirà il cappellano- che non avrà voluto rimanere digiuno fino a quest’ora” (valeva allora il digiuno dalla mezzanotte per potersi comunicare). “Sì, sono digiuno -era stata la risposta- ma la Santa Comunione basta da sé sola a saziare la mia fame”.
La fede convinta esternata ai suoi soldati, cui faceva applicare l’assoluzione sacramentare generale prima degli attacchi, salva poi la confessione per i sopravvissuti, era divenuta il tratto specifico dell’ascendente personale esercitato dal Negri.
In una lettera alla sorella scriveva: “Una volta a tale mia professione di fede ho visto il capo dei rivoluzionari che mi stava accanto farsi pallido e commuoversi. Dopo quel giorno egli ebbe per me una deferenza speciale”. Il “capo dei rivoluzionari” era Ottavio Dinale, 44 anni, volontario soldato semplice, con una storia di lotte agrarie nel modenese, di anarco-sindacalismo all’estero, promotore attorno a Corridoni del Fascio rivoluzionario interventista, collaboratore dell’anticlericale “Il Popolo d’Italia”. Difficile trovare due profili umani più diversi: Negri, 27 anni, di Este, formato in un cattolicesimo alla Pio X, concentrato su spiritualità e pratiche religiose. Dinale, di quasi una generazione più anziano, sperimentante l’occasione rivoluzionaria posta in essere dal gran crogiuolo bellico.
Vent’anni dopo, Dinale, prefetto del Regno ed esponente del regime, sarà tra i convocati a dar testimonianza su Negri in vista della possibile canonizzazione e riferirà sui mesi trascorsi insieme, tra luglio e settembre 1915: dalla fraterna accoglienza propostagli nel nome del comune dovere d’italiani, all’ardente fede sempre proclamata, all’aiuto a lui personalmente portato al termine di un tremendo assalto oltre la cresta di Vallonera, il 5 e 6 settembre: “Una notte e un giorno d’inferno, indimenticabili di orrore” (Dinale), “tutta una vicenda acuta di fuoco, di tempesta, di fatica, dove dopo grave azione mi sentii tutto abbandonato di forze” (Negri). Seguiranno mesi di convalescenza per Negri, laureatosi in Lettere a Padova in marzo e ad aprile richiamato col grado di capitano: V compagnia del 228 reggimento della Brigata Rovigo.
Negri vivrà il tempo della Strafexpedition, la violenta offensiva austriaca che porterà all’occupazione di Asiago il 28 maggio. Dal 6 giugno si avrà la controffensiva, destinata a concludersi il 27, giorno stesso della morte di Negri. Il “capitano santo”, medaglia d’argento, diverrà per il resto della Grande Guerra una bandiera della Gioventù Cattolica, ossatura -coi cappellani militari e i preti soldati- della presenza cattolica al fronte.
Nel 1919 uscirà la prima biografia, del salesiano Ghibaudo. Ma i numerosi scritti e le lettere compariranno quando nel 1935 i terziari domenicani, cui Negri apparteneva, vorranno perorare la causa di canonizzazione. Forse suscitò qualche perplessità l’eccessivo rigore, in tema di penitenza e mortificazione, tenuto dal giovane anche dopo che il suo confessore, Leopoldo Mandic, gli aveva nel 1913 vietato l’uso del cilicio.
Ma concorreranno poi questioni di opportunità storico-politica a fermare l’iter da parte di due papi: Pio XII nel 1953, per non dare motivi a chi a quel tempo accusava la Chiesa di voler armi e guerra, e, dopo un riavvio della causa da parte di Giovanni XXIII, Paolo VI nel 1973, confermante Pio XII, pur specificando che la decisione “non toglieva nulla al valore morale e spirituale” di Guido Negri.
Santo, comunque.
Comments are closed.